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Benito Mussolini

Disambiguazione – "Mussolini" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Mussolini (disambigua).
Benito Mussolini
Benito Mussolini nel 1939

Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia
dal 1925 Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato
Durata mandato31 ottobre 1922 –
25 luglio 1943
MonarcaVittorio Emanuele III
PredecessoreLuigi Facta
SuccessorePietro Badoglio

Duce del Fascismo
dal 1936 "Duce Fondatore dell'Impero"
Durata mandato23 marzo 1919 –
25 aprile 1945
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita

Ministro degli affari esteri del Regno d'Italia
Durata mandato31 ottobre 1922 –
12 settembre 1929
Capo del governose stesso
PredecessoreCarlo Schanzer
SuccessoreDino Grandi

Durata mandato20 luglio 1932 –
11 giugno 1936
Capo del governose stesso
PredecessoreDino Grandi
SuccessoreGaleazzo Ciano

Durata mandato6 febbraio 1943 –
25 luglio 1943
Capo del governose stesso
PredecessoreGaleazzo Ciano
SuccessoreRaffaele Guariglia

Ministro dell'interno del Regno d'Italia
(ad interim)
Durata mandato31 ottobre 1922 –
17 giugno 1924
Capo del governose stesso
PredecessorePaolino Taddei
SuccessoreLuigi Federzoni

Durata mandato6 novembre 1926 –
25 luglio 1943
Capo del governose stesso
PredecessoreLuigi Federzoni

Duce e capo del governo della Repubblica Sociale Italiana
Durata mandato23 settembre 1943 –
25 aprile 1945
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita

Ministro degli affari esteri della Repubblica Sociale Italiana
Durata mandato23 settembre 1943 –
25 aprile 1945
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita

Dati generali
Suffisso onorificoDuce
Partito politicoPSI (1900-1914)
FAR (1914-1919)
FIC (1919-1921)
PNF (1921-1943)
PFR (1943-1945)
ProfessioneInsegnante, giornalista pubblicista, politico
FirmaFirma di Benito Mussolini

Benito Amilcare Andrea Mussolini (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) è stato un politico e giornalista italiano.

Fondatore del fascismo, fu presidente del Consiglio del Regno d'Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. Nel gennaio 1925 assunse poteri dittatoriali, instaurando un regime totalitario, e dal dicembre dello stesso anno acquisì il titolo di capo del governo primo ministro segretario di Stato. Dopo la guerra d'Etiopia, aggiunse al titolo di duce quello di "Fondatore dell'Impero" e divenne Primo Maresciallo dell'Impero il 30 marzo 1938. Fu capo della Repubblica Sociale Italiana dal settembre 1943 al 25 aprile 1945.

Esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, fu nominato direttore del quotidiano di partito Avanti! nel 1912. Convinto anti-interventista negli anni della guerra italo-turca e in quelli precedenti la prima guerra mondiale, nell'ottobre del 1914 cambiò radicalmente opinione, dichiarandosi a favore dell'intervento in guerra. Trovatosi in netto contrasto con la linea del partito, si dimise dalla direzione dell'Avanti! e fondò Il Popolo d'Italia,[1] schierato su posizioni interventiste, venendo quindi espulso dal partito socialista. Nell'immediato dopoguerra, cavalcando lo scontento per la "vittoria mutilata", fondò i Fasci italiani di combattimento (1919), poi divenuti Partito Nazionale Fascista nel 1921, e si presentò al Paese con un programma politico nazionalista e radicale.

Nel contesto di forte instabilità politica e sociale successivo alla Grande Guerra, puntò alla presa del potere. Forzando la mano alle istituzioni, con l'aiuto di atti di squadrismo e d'intimidazione politica che culminarono il 28 ottobre 1922 con la marcia su Roma, Mussolini ottenne l'incarico di costituire il Governo (30 ottobre). Dopo il contestato successo alle elezioni politiche del 1924, instaurò nel gennaio 1925 la dittatura, risolvendo con forza la crisi provocata dall'assassinio di Giacomo Matteotti. Negli anni successivi consolidò il regime, affermando la supremazia del potere esecutivo, trasformando il sistema amministrativo e inquadrando le masse nelle organizzazioni di partito.

L'11 febbraio 1929 stipulò i Patti Lateranensi con la Santa Sede. Per quanto concerne la politica coloniale, Mussolini portò a termine la riconquista della Libia (1922-1932) e intraprese poi la conquista dell'Etiopia (1935-1936), violando il diritto internazionale e causando sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni. In politica estera sostenne e finanziò i movimenti fascisti, arrivando ad appoggiare militarmente i franchisti nella guerra civile spagnola (1936-1939). Si avvicinò alla Germania nazionalsocialista di Adolf Hitler, con il quale stabilì l'Asse Roma-Berlino del 1936 e firmò il Patto d'Acciaio del 1939. È in questo periodo che furono approvate in Italia le leggi razziali.

Nel 1940, ritenendo ormai prossima la vittoria della Germania, decise per l'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale. In seguito alle sconfitte subite dalle forze armate italiane e allo sbarco in Sicilia, Mussolini fu messo in minoranza durante il Gran Consiglio del Fascismo (ordine del giorno Grandi del 24 luglio 1943), arrestato per ordine del Re (25 luglio) e, successivamente, tradotto a Campo Imperatore. Liberato dai tedeschi e ormai in balia delle decisioni di Hitler, instaurò nell'Italia settentrionale la Repubblica Sociale Italiana. Nell'aprile del 1945, approssimandosi la vittoria alleata, dopo aver invano cercato di trattare la resa abbandonò Milano tentando la fuga verso la Svizzera, venendo però catturato dai partigiani a Dongo, sul lago di Como, il 27 aprile.[2][3][4][5][6] Fu fucilato il giorno seguente insieme all'amante Claretta Petacci.

  1. ^ E. Bertoni, Aurelio Saffi. L'ultimo "vescovo" di Mazzini, Forlì, Cartacanta, 2010, pp. 109-112, ISBN 88-96629-28-4.
  2. ^ Sulla questione della meta finale di Mussolini la comunità scientifica è tuttora divisa fra sostenitori di una possibile "fuga in Svizzera" e coloro che invece ritengono che Mussolini avesse altri scopi immediati.
  3. ^ Per la tesi a favore di una fuga, vedi, per esempio Aurelio Lepre, La storia della repubblica di Mussolini; Salò: il tempo dell'odio e della violenza, 1ª ed., Mondadori, 1999, p. 300, ISBN 88-04-45898-4.
    «Svanita ogni speranza di trattare, cercò la salvezza personale nella fuga. In questo non si comportò diversamente da come si erano comportati Vittorio Emanuele III e Badoglio l'8 settembre, perché lasciò gli uomini che gli erano rimasti fedeli senza ordini e senza guida. Visto, infatti, dall'interno, con gli occhi degli uomini che gli erano più vicini, il comportamento di Mussolini non appare dissimile da quello di Vittorio Emanuele III così come è stato descritto da Paolo Puntoni»
  4. ^ Per la tesi a favore di una fuga, vedi anche Franco Bandini, Vita e morte segreta di Mussolini, 3ª, 1981, Mondadori, 1978, p. 318.
    «(Dal capitolo "Il tiranno è morto", premettendo i seguenti fatti all'epilogo) Occorre cominciare appena un poco più indietro, nel momento in cui Mussolini – spinto da un cupo demone – si avvia con passi esitanti e già guidati da una sottile paura, a quella fuga che sarà, prima dell'altra, la sua vera morte. Dimentico di se stesso, di una vita pur sempre cominciata nelle battaglie e nel rischio, incurante dell'ancor possibile rispetto e dei suoi e della Storia, che non assolve, ma pesa ogni atto dell'uomo potente su bilance inesorabili, Mussolini sceglie di cadere da vile, ingannando, moralmente uccidendo coloro che gli sono ancora rimasti fedeli, pur nella certezza della fine imminente. Va stancamente, miserabilmente verso il nord, mezzo inclinato alla fuga in Svizzera, mezzo turbato dai fieri propositi che ode attorno a sé, per "l'ultima battaglia" in Valtellina: e rivolge nel pensiero non la forte accettazione del fato che si compie, ma i cavillosi punti della sua difesa di domani, quando – come spera – potrà ancora allineare fiumi di logore parole e giocare su vecchi e nuovi equivoci e forse galleggiare indefinitamente sullo scontro degli opposti giudizi, come il sargasso immobile tra il turbinare delle correnti. È disposto a tutto, anche al cappotto tedesco, anche a tradire chi vorrebbe ancora morire per lui, i vecchi fascisti, i suoi ministri, persino Claretta: e finge irresolutezza fin dal momento della Prefettura di Milano, la sera del 25 aprile, non perché sia davvero incerto tra la morte e la vita, ma perché – ancora una volta – è incapace di dire "andiamo" e preferisce che lo dicano altri, che la cosa "nasca da sola", perché ha forse già in mente altri articoli "del tempo del bastone e della carota", destinati ad illustrare come questi nuovi passi che sta facendo siano colpa di questo e di quello, di cardinali e militari, di traditori e servizi segreti, di tutti, meno che sua»
  5. ^ Il colonnello statunitense Lada Mocarski, in un rapporto scritto per conto dell'Office of Strategic Services riguardo un'inchiesta da lui condotta sugli ultimi giorni del dittatore, afferma invece che «nessuna prova circa le intenzioni e i piani di Mussolini è stata raggiunta durante l'indagine e forse non esisteva alcun piano definito. È infatti ovvio che i movimenti del Duce fossero il risultato di improvvisazioni non appena le condizioni di fatto cambiavano». Dino Messina, Ordine da Milano: eliminate il Duce, in Corriere della Sera, 23 febbraio 2009. URL consultato il 20 ottobre 2011.
  6. ^ Antonio Spinosa, "Parte quarta: Il cappotto tedesco. Infauste sponde", in Mussolini. Il fascino di un dittatore, Milano, Mondadori, 1989, p. 367.
    «Imbruniva quando una colonna di automobili lasciava la prefettura e usciva da Milano, la città in cui ormai tutti gli tendevano una trappola, i partigiani, i tedeschi, gli alleati. Doveva fuggirne per evitare il peggio. [...] Già quella sera, a tarda ora, si apprese che le auto fuggitive avevano raggiunto Como [...]»

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