Assassinio di Giulio Cesare omicidio | |
---|---|
"La morte di Cesare" (Musei Vaticani) | |
Data | 15 marzo 44 a.C. |
Luogo | Curia del teatro di Pompeo, Roma |
Coordinate | 41°53′43″N 12°28′37″E |
Obiettivo | Gaio Giulio Cesare |
Responsabili | Marco Giunio Bruto, Gaio Cassio Longino, Decimo Bruto e altri senatori |
Motivazione | motivi politici e personali |
Conseguenze | |
Morti | Gaio Giulio Cesare |
Feriti | Uno dei due fratelli Publio Servilio o Gaio Servilio Casca |
È detto Cesaricidio l'assassinio di Gaio Giulio Cesare, avvenuto il 15 marzo del 44 a.C. (le Idi di marzo), a opera di un gruppo di circa venti senatori che si consideravano custodi e della tradizione e dell'ordinamento repubblicano e che, per loro cultura e formazione, erano contrari a ogni forma di potere personale. Temendo che Cesare volesse farsi re di Roma, un numero variabile di circa 60 o 80 senatori, guidati da «Gaio Cassio, Marco e Decimo Bruto»,[1] congiurarono per uccidere il dittatore. Tra essi, oltre ai Pompeiani e ai repubblicani, vi erano alcuni sostenitori di Cesare che furono spinti a compiere questo assassinio prevalentemente da motivi personali: per rancore, invidia e delusioni per mancati riconoscimenti e compensi.[2]
Il cesaricidio, inteso nel senso prevalente di eliminazione fisica di chi si ritenga possa pregiudicare la libertà per fini di potere personale, ha assunto nel tempo il significato ideologico di estremo tentativo di difendere i valori delle libertà civili,[3] o al contrario quello di conservare ad ogni costo i valori della tradizione messi in pericolo da un potere giudicato come dispotico.[4]