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Il suo significato nelle tradizioni religiose dell'India va a coprire due ambiti principali[3]:
quello di un "cerchio" o di un "diagramma" mistico, nozione sovrapponibile a quello dello yantra o del maṇḍala[4];
quello inerente allo yoga e alla medicina ayurvedica traendo origine dalle tradizioni tantriche, sia dell'induismo sia del buddhismo; nell'accezione più comune è usualmente reso anche con "centro",[5] per indicare quegli elementi del corpo sottile nei quali è ritenuta risiedere latente l'energia divina.[5][6][7]
Il chakra è anche uno degli attributi di Visnù: si tratta di un disco che egli usualmente stringe in una delle mani e rappresenta il potere divino. Variamente raffigurato, con raggi o fiamme che ne fuoriescono, è attributo anche di altre divinità, come Durgā e Skanda, per esempio. Il chakra di Viṣṇu, detto anche Sudarśana ("bello a vedersi"), è altresì oggetto di culto, al punto di essere spesso personificato col nome di Chakrapurusha.[8]
In ambito tantrico con chakra si intende anche il "circolo" di culto tantrico, l'insieme dei membri locali di una specifica tradizione. All'interno di questo chakra, i seguaci si pongono al di fuori delle regole sociali e di casta. Vi sono ammesse anche le donne, cosa invero non possibile presso i culti vedici.[9]
Alcune medicine alternative, per esempio la cristalloterapia, fanno riferimento alla nozione del chakra, sebbene non vi sia alcuna evidenza scientifica circa la loro esistenza.[10]
«Il termine sanscrito chakra ("ruota, disco, cerchio") è talvolta usato come un nome per diagrammi rituali utilizzati nella pratica religiosa induista (pūjā) o nella meditazione, come simboli di divinità, e talvolta come un nome per recinti sacri dove sono celebrati riti. […]. chakra è inoltre il nome dei "centri", chiamati anche "loti" (padma o kamala), del corpo sottile delle tradizioni induista e buddhista.»
(André Paodux, p. 64)
^Maṇḍalas and Yantras in the Hindu Traditions (a cura di Gudrun Bühnemann). Leiden, Brill, 2003