L'esclusione della prova liberatoria è un istituto giuridico previsto dall'ordinamento penale italiano e regolamentato dall'art. 596 del codice penale.[1] Esso prevede che l'accusato dei delitti di ingiuria e diffamazione non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.
L'art. 596, comma terzo, prevede un'eccezione: quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto medesimo è sempre ammessa nel procedimento penale. A norma del quarto comma, se la verità del fatto è provata o se il fatto ha successivamente determinato la condanna della persona a cui è stato attribuito, l'autore dell'imputazione non è punibile, salvo che i modi usati non integrino di per sé stessi il reato di diffamazione. Si fa riferimento a tale eccezione con la locuzione latina exceptio veritatis.