La filosofia islamica (in arabo الفلسفة الإسلامية?, al-falsafa al-islāmiyya) interessa l'insieme delle questioni filosofiche sollevate dai pensatori musulmani.
Nel mondo musulmano, il filosofo è detto faylasúf (pl. falāsifa), e la filosofia fálsafa (dal greco antico φιλοσοφία).
Essi furono credenti come tutti gli altri nel mondo musulmano, solo che nella ricerca della verità si avvalsero degli strumenti loro forniti dalla filosofia greca, che cercarono di mettere in sintonia con la propria religione.
Durante il Medioevo, in particolare, si deve agli Arabi il mantenimento di una tradizione filosofica facente capo ad Aristotele, che fu commentato e tradotto generando interessi verso le scienze naturali. Si trattava di un aristotelismo penetrato in Vicino Oriente attraverso l'interpretazione che ne aveva dato in epoca ellenistica Alessandro di Afrodisia, mescolato con motivi giudaici, cristiani, e soprattutto neoplatonici. In questo sincretismo di culture, favorito dall'espansione arabo-islamica verso l'Occidente, erano fioriti nuovi centri come Bassora, Baghdad, Granada, Cordova, e Palermo.
Tra le figure più importanti in ambito islamico, che cercarono di conciliare l'adesione al Corano con le esigenze della ragione, vi furono al-Kindi, al-Farabi, Ibn Bajja, Avicenna (o Ibn-Sina) e Averroè (o Ibn-Rushd).[1]