Il Grande Scisma, conosciuto dalla storiografia occidentale come Scisma d'Oriente e definito dagli Ortodossi Scisma dei Latini, fu l'evento che, rompendo l'unità di quella che fu la Chiesa ufficiale dell'Impero Romano, organizzata su una Pentarchia di Patriarcati apostolici, divise la Cristianità Calcedonese (che già aveva perduto le Chiese del Vicino Oriente) fra la Chiesa orientale (ortodossa) e la Chiesa occidentale (cattolica).
Quest'ultima, unita sotto un'unica sede apostolica, aveva sviluppato un concetto giurisdizionale del primato del Vescovo di Roma (considerato non solo il vescovo della capitale imperiale ma anche il successore del proto-apostolo Pietro) e non solo onorifico, cioè limitato alla precedenza tra le sedi apostoliche (allora 5) come la Chiesa orientale (ortodossa), che vedeva nel basileus non solo l'imperatore ma anche il capo terrestre posto da Dio sulla Chiesa. La sede costantinopolitana anzi, già salita al 2° posto dopo quella della vecchia Roma per il ruolo politico poi acquisito, gradualmente era giunta a pretendere nel 1000 una sostanziale parità. Cosa che per Roma era inacettabile. Del resto la Chiesa Orientale sempre ha pensato di rappresentare la continuità della Chiesa indivisa del primo millennio, senza cedimenti a tutte quelle che riteneva innovazioni, sia rituali che teologiche, degli Occidentali: gli allora malsopportati Latini, considerati pure imbarbariti dalle tante invasioni. Questi Latini, che pure avevano riesumato l'impero sotto una dinastia franca, la stessa che aveva trasmesso l'Esarcato bizantino dai Longobardi al Papato romano.
Sebbene normalmente si indichi il 1054 come anno dello scisma, ossia quando papa Leone IX, attraverso i suoi legati, lanciava la scomunica al patriarca Michele I Cerulario, allora più potente dell'imperatore (creatura sua), e questi replicava a sua volta scomunicando i legati papali, lo scisma fu in realtà il risultato di un lungo periodo di progressivo distanziamento fra le due Chiese.
Le divergenze erano sui riti e le usanze latine, non potendosi mettere alla porta Veneziani e Genovesi che controllavano ormai tutto il commercio in Oriente, benché pure in litigiosa competizione anche fra loro, disturbando le popolazioni locali che mal li sopportavano. Ma non di meno sulla giurisdizione territoriale: grande allora la concorrenza tra i due Patriarcati nella Penisola Balcanica e nel Meridione italiano, terre passate da Roma a Costantinopoli con decreto del 730 di Leone l'Isaurico, ma ora in forse per le guerriglie dei Normanni a servizio dei principi locali in Italia, dopo l'espansione franca nella Germania ed oltre.
Ciò premesso, si preferisce mettere alla base di tale scisma le due questioni religiose, tuttora irrisolte, a tutti più o meno ben note. La prima sull'autorità papale: il papa (ossia il vescovo di Roma e patriarca di tutto l'Occidente), ritenendosi investito del primato petrino su tutta la Chiesa per mandato di Cristo (da cui avrebbe ricevuto le "chiavi del Regno dei Cieli" e l'autorità di "pascerne gli agnelli" - cfr. i Vangeli di Matteo e Giovanni), lo intendeva come pieno potere giurisdizionale (secondo il linguaggio rabbinico conferire le chiavi a qualcuno significa investirlo di un'autorità), per cui reclamava sempre più la propria "naturale" autorità anche sugli altripatriarcati orientali, allora quattro (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, che, con Roma, formavano la cosiddetta pentarchia), anche se nel frattempo ne erano sorti altri (nei regni Bulgaro e Serbo), benché non riconosciuti conciliarmente. Questi invece riconoscevano sì al Patriarca d'Occidente un primato, ma solo onorario, mentre la sua autorità effettiva riguardava solo i cristiani d'Occidente, tanto quanto quella di loro quattro riguardava i relativi Patriarcati. Quindi praticamente paritari, precedenze d'onore a parte. L'altra disputa verteva sulla questione trinitaria, cioè sulla processione delle tre Persone divine, vedendo l'aggiunta del Filioque nel Credo niceno, gradualmente avvenuta in ambito latino, comunque contraria al divieto di Efeso per modifiche od aggiunte.
A parte le altre faccende sopra indicate, meno significative per noi a non per loro, fra cui talune variazioni di certi riti liturgici (uso del pane azzimo durante l'eucaristia, matrimonio dei preti, confermazione dei battezzati riservata soltanto al vescovo, ecc.). Ribadite poi da Gregorio VII. Anche se e soprattutto le ragioni erano politiche (alleanza papale con Franchi e Normanni), per le rivendicazioni conflittuali di giurisdizione (nel sud Italia e nei Balcani dell'area slava), sempre meno militarmente sostenibili dall'autorità imperiale.
La Chiesa si divise così sulle linee dottrinali e teologiche, oltre a quelle linguistiche, politiche e geografiche, nonostante i tentativi vari per superarle. Dopo la cacciata dei bizantini dall'Italia (caduta del Catapanato di Bari nel 1071), grazie all'alleanza di papa Nicolò II con i Normanni dopo il concilio di Melfi del 1059, la frattura politica si approfondì e non si è più potuta rinsaldare. Si ebbero in effetti due formali riunioni dell'Oriente con Roma, nel 1274 (nel Secondo Concilio di Lione) e nel 1439 (nel Concilio di Firenze), con l'unione proclamata a Costantinopoli nel 1452. Ma in entrambi i casi, fallito lo scopo, le riconciliazioni tra Roma e l'Oriente furono poi disconosciute da fedeli e da monaci di Costantinopoli. Gli ulteriori tentativi di riconciliare le Chiese orientali e quella di Roma fallirono, specie per la cattività ottomana di oltre 3 secoli, anche se alcune comunità ecclesiastiche già ortodosse nel corso dei secoli cambiarono giurisdizione, riconoscendo l'autorità papale e diventando cattoliche. Cosa resa possibile dal Concilio di Firenze (1438-39). Tali comunità, chiamate Uniati (termine spregiativo con cui gli ortodossi indicano quelli di loro sottomessi a Roma accettandone il primato giurisdizionale mantenendo però il proprio rito), sono ora rimaste tali come Chiese cattoliche di rito orientale.
Sebbene la maggioranza delle fonti pongano come anno decisivo il 1054, altri fanno risalire lo Scisma ad anni ed eventi diversi, specie al 1204, anno del Sacco di Costantinopoli ad opera dei Veneziani (già inveleniti dai massacri dei latini del 1182); che, per rifarsi dei debiti con loro contratti ma poi elusi dalla Corona, occuparono Costantinopoli grazie ai Crociati latini, trasportati dalla loro flotta ma deviati dalla loro giusta meta in Terrasanta. Anzi colonizzarono l'impero per quasi 60 anni, suddividendolo in feudi crociati. Finché, grazie ai Genovesi, l'impero venne ripreso dai principi bizantini, quasi pacificamente, ma con grande risentimento.
Scarsa importanza ha il sinodo di Costantinopoli del 1484, dopo la conquista turca, anno in cui la Chiesa di Costantinopoli rigettò formalmente il Concilio di Firenze. Per motivi procedurali, fomentati dalla nuova dinastia ottomana (in quanto i capi spirituali che vi presero parte, non erano liberi e avrebbero oltrepassato la propria autorità, senza ottenere concessioni da parte latina sulle "prassi" controverse affermatesi in Occidente). Ma anche per evitare di essere confusi coi cattolici europei, contro i cui stati proseguivano le guerre. .Il sinodo fu indetto da Simeone I, patriarca simoniaco di Costantinopoli su insistenza del Sultano, che l'aveva nominato.
Il dato di fatto è che tuttora, caduto anche l'Impero Ottomano, la Chiesa cattolica occidentale e la Chiesa ortodossa orientale rimangono separate, anche se entrambe continuano a definirsi una, santa, cattolica ed apostolica (in ossequio al Credo niceno-costantinopolitano) e a rivendicare la propria "ortodossia" (certamente unica, non però le Chiese), dando a intendere che, con lo scisma, sia stata l'altra parte ad aver lasciato la Chiesa d'origine. Mentre pure l'autorità del Patriarca risulta molto ridimensionata in favore delle varie Chiese nazionali, divenute tutte autocefale, praticamente indipendenti, con la formazione degli Stati nazionali.