L'Hurufismo (in arabo ﺣﺮﻭﻓﻴـة?, Ḥurūfiyya) è una teoria gnostico-cabbalistica fatta propria da un'aliquota minoritaria del Sufismo, collegata secondo alcuni studiosi come Richard N. Frye nel suo contributo sulla Cambridge History of Iran,[1] all'Ismailismo esoterico.
La Ḥurūfiyya fu fondata dall'iranico Fażlu l-Lāh Astar-Ābādī (Nāimī), nato nel 1339 nel Khorasan, nella città di Esterabad, vicino all Mar Caspio.
Secondo essa, i volti degli uomini non sarebbero che lettere, così come il mondo intero un nido di segni da decifrare. Si diffuse in Persia, Anatolia e Azerbaijan tra la fine del XIV secolo e gli inizi del XV.
Secondo Fażlu l-Lāh - (in persiano فضلالله استرآبادی), noto anche come Fażlullāh Tabrīzī Astarābādī, detto al-Ḥurūfī - la chiave per capire il Corano, è un sistema cabbalistico di lettere (in arabo ﺣﺮﻭﻑ?, ḥurūf) esposto dagli ultimi seguaci del movimento nei libri del Hidayat-nāma, del Jawidan e del Mahram-nāma.
L'universo è eterno e si muove ruotando circolarmente. Il Volto di Allah è imperituro e si manifesta nell'essere umano che, per questo motivo, è considerato la migliore delle forme (ẓuhūr kibriyya).
Dio è incarnato in ogni atomo esistente. I Hurufi considerano Fażlu l-Lāh una manifestazione della potenza divina dopo Adamo (Adam), Mosè (Mūsā) e Maometto (Muhammad).[2] Allah s'incarna del pari nelle parole e nelle 28 lettere dell'alfabeto arabo e nelle 32 lettere di quello persiano, considerate come la base dell'amore e della bellezza nel mondo creato.
Sette è il numero-chiave, corrispondente alla parti nobili del volto, i versetti della Sūrat al-Fātiḥa e della testimonianza orale di fede. L'uomo è la copia suprema del divino e la chiave per la Ḥaqīqa (Verità trascendente).