L'inquinamento causato dalla plastica consiste nella dispersione e nell'accumulo di materie plastiche nell'ambiente, il che causa problemi all'habitat di fauna e flora selvatica, oltre che a quello umano. Tale tipo di inquinamento può interessare l'aria, il suolo, i fiumi, i laghi e gli oceani.
La rilevanza del fenomeno deriva dall'economicità della plastica, dalla sua diffusione, dal suo utilizzo capillare in vari settori di attività e dalla sua alta persistenza nel tempo.
Pioniere del problema della plastica nei mari fu il biologo Edward Carpenter del Woods Hole Oceanographic Institution che nel 1972 pubblicò su Science due articoli di denuncia della massiccia presenza di particelle plastiche galleggianti nel mar dei Sargassi, articoli che furono quasi ignorati per una trentina d'anni[1].
Nel 2022 l'Ocse ha presentato uno studio che analizzando il periodo tra il 1950 e il 2015 stima che <<solo 9% dei rifiuti di plastica sono stati riciclati in fine, mentre 19% sono stati inceneriti e circa 50% sono finiti in discariche controllate. Il restante 22% è stato abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell'ambiente>> auspicando uno sforzo per aumentare la quota di riciclo[2][3].
In merito al modesto riciclaggio della plastica influiscono sia i processi onerosi legati a questa attività, sia il ridotto numero di volte che mediamente la plastica può venire riciclata, a differenza di altri materiali come il vetro o i metalli[4].