Italo Gariboldi | |
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Governatore della Libia | |
Durata mandato | 25 marzo 1941 – 19 luglio 1941 |
Predecessore | Rodolfo Graziani |
Successore | Ettore Bastico |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Nazionale Fascista |
Titolo di studio | Accademia militare |
Università | Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena |
Professione | Militare |
Italo Gariboldi | |
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Gariboldi (terzo da destra) con Rommel (secondo da destra) in Libia nel 1941 | |
Nascita | Lodi, 20 aprile 1879 |
Morte | Roma, 9 febbraio 1970 |
Cause della morte | morte naturale |
Religione | Cattolicesimo |
Dati militari | |
Paese servito | Regno d'Italia |
Forza armata | Regio Esercito |
Arma | Fanteria |
Anni di servizio | 1899 – 1943 |
Grado | Generale d'armata |
Guerre | |
Campagne | |
Battaglie | |
Comandante di | 26º Reggimento fanteria 30ª Divisione fanteria "Sabauda" V Corpo d'armata 5ª Armata 10ª Armata 8ª Armata |
Decorazioni | vedi qui |
Studi militari | Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena |
dati tratti da Il generale Italo Gariboldi[1] | |
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Italo Gariboldi (Lodi, 20 aprile 1879 – Roma, 9 febbraio 1970) è stato un generale italiano, già distintosi durante la prima guerra mondiale come Capo Ufficio Operazioni all'Armata del Grappa e decorato con una medaglia d'argento al valor militare; prese successivamente parte alla guerra d'Etiopia come comandante della 30ª Divisione fanteria "Sabauda" e quindi alla seconda guerra mondiale, inizialmente durante le operazioni belliche in Nordafrica e successivamente durante la campagna italiana di Russia al comando dell'8ª Armata schierata, per decisione tedesca, in posizione difensiva sul basso corso del Don.
Dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943 decise di resistere e fu catturato dalle truppe tedesche presso il suo Quartier generale di Padova il 15 dello stesso mese. Deportato in un campo di prigionia in Germania, fu fatto rientrare in Italia per essere consegnato alla autorità della Repubblica Sociale Italiana che lo processarono a Verona nel gennaio del 1944. Condannato a 10 anni di carcere, riuscì ad evadere prima della fine della guerra, ritirandosi poi a vita privata a Roma.