Fichte elimina la necessità della cosa in sé (noumeno) di cui parlava Kant: infatti non ha senso ammettere l'esistenza di una realtà che si trovi oltre i nostri limiti conoscitivi. Per poter parlare di qualcosa è necessario averne una rappresentazione mentale, ovvero uno schema trascendentale, secondo quanto insegna la stessa Critica della ragion pura; come si può dire, pertanto, che esiste un oggetto se non lo posso ridurre alle forme a priori di un soggetto conoscente? Ne consegue che il fenomeno non è più un limite causato dall'inconoscibilità del noumeno, ma diventa una creazione del soggetto stesso. È così che si pone l'Idealismo: la realtà fenomenica è un prodotto del soggetto pensante, in contrapposizione al realismo, secondo il quale gli oggetti esistono indipendentemente da colui che li conosce. Fichte reinterpreta l'Io penso kantiano in senso trascendentale come la possibilità formale non solo del sapere ma anche dell'essere: l'Io si pone un limite ontologico per affermare la sua libertà e la sua dimensione infinita.
Johann Gottlieb Fichte (pronuncia tedesca [ˈjoːhan ˈɡɔtliːp ˈfɪçtə][1]; Rammenau, 19 maggio 1762 – Berlino, 27 gennaio 1814) è stato un filosofo e docente tedesco, continuatore del pensiero di Kant e iniziatore dell'idealismo tedesco.
Le sue opere più famose sono la Dottrina della scienza, che animerà il suo itinerario speculativo dal 1794 alla morte, e i Discorsi alla nazione tedesca, nei quali sosteneva la superiorità culturale del popolo tedesco incitandolo a combattere contro Napoleone.