«Non è il cervello che è evoluto per la scrittura, bensì è la scrittura ad essersi adattata al nostro cervello»
La neurolinguistica è una scienza interdisciplinare che applica teorie, metodi, strumenti e tecniche della linguistica, della psicolinguistica, della psicologia dello sviluppo, della psicobiologia e delle neuroscienze cognitive. Il suo obiettivo primario consiste nello studio dei correlati anatomo-funzionali del linguaggio, del suo sviluppo, della sua perdita e riabilitazione in seguito a lesioni cerebrali. Questi obiettivi vengono conseguiti su più fronti. Da un lato, quella che potremmo definire "neurolinguistica sperimentale" tenta di individuare le reti neurali alla base dell'elaborazione del linguaggio mediante l'ideazione di esperimenti in cui soggetti sani o pazienti con lesioni cerebrali devono eseguire specifici compiti linguistici mentre la loro attività cerebrale viene rilevata con strumenti come ad esempio la risonanza magnetica funzionale (fMRI, dall'inglese Functional Magnetic Resonance Imaging), la tomografia a emissione di positroni (PET, dall'inglese Positron Emission Tomography), l'elettroencefalogramma (EEG), la magnetoencefalografia (MEG, dall'inglese Magneto-encephalography) o alterata temporaneamente mediante somministrazione di impulsi magnetici (come nel caso della stimolazione magnetica transcranica, TMS dall'inglese Transcranic-magnetic stimulation). Dall'altro quella che potremmo definire "neurolinguistica clinica" che si occupa invece di analizzare il disturbo linguistico acquisito o congenito nel paziente cerebroleso o con ritardo intellettivo.
Il termine neurolinguistique viene utilizzato per la prima volta da Henry Hécaen in un articolo del 1968 (L'aphasie). Hécaen la descrive come un ramo della neuropsicologia concentrato sullo studio dei deficit linguistici, i cui obiettivi sono:
La neurolinguistica nasce come disciplina indipendente nel 1985, con il primo numero del Journal of Neurolinguistics.