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Olivier Messiaen

Olivier Eugène Prosper Charles Messiaen
Premio Wolf Premio Wolf per le arti 1982

Olivier Eugène Prosper Charles Messiaen (Avignone, 10 dicembre 1908Clichy, 27 aprile 1992) è stato un compositore, pianista, organista e ornitologo francese.

Si iscrisse al conservatorio di Parigi all'età di 11 anni ed ebbe tra i suoi insegnanti Paul Dukas, Maurice Emmanuel, Charles-Marie Widor e Marcel Dupré. Nel 1931 ottenne il posto di organista della chiesa della Sainte-Trinité a Parigi, incarico che mantenne fino alla morte. Nel 1940, durante l'invasione tedesca della Francia fu fatto prigioniero e internato nello Stalag VIII-A, un campo di lavoro presso Görlitz. Qui, trovando casualmente tra i suoi compagni di prigionia tre musicisti, compose, col beneplacito del responsabile del campo appassionato di musica, una delle sue composizioni più note, il Quatuor pour la fin du temps (Quartetto per la fine del tempo) per clarinetto, violino, violoncello e pianoforte. La prima fu eseguita il 15 gennaio 1941 davanti a circa quattrocento fra prigionieri e guardie[1][N 1].

Poco dopo la sua liberazione, nel 1941 ottenne l'incarico di professore di armonia al conservatorio di Parigi, a cui si aggiunse nel 1966 quello di professore di composizione, posti che mantenne fino al pensionamento nel 1978. Tra i suoi numerosi allievi si distinsero particolarmente Pierre Boulez, Yvonne Loriod (che divenne poi la sua seconda moglie), Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis, George Benjamin, Leopoldo La Rosa e Jennifer Bate, organista britannica considerata la sua maggiore interprete, che fino alla morte si è esibita in concerto utilizzando le partiture originali del compositore.

Messiaen si interessò alla musica indiana (più precisamente alla musica carnatica) e dell'antica Grecia, e in particolare al loro ritmo: molte sue opere hanno una struttura ritmica assai complessa o inusuale. Dal punto di vista armonico e melodico si distinse per l'introduzione e l'uso di particolari scale musicali a cui diede il nome di modi a trasposizione limitata. L'impiego di questi modi gli permise di esplorare la relazione tra l'udito e gli altri sensi, realizzando una musica sinestetica, in cui l'incontro e la sovrapposizione di accordi doveva creare l'impressione di vedere certi ben determinati accostamenti di colore. Per un breve periodo sperimentò anche il serialismo integrale, anticipando per certi aspetti l'opera del suo allievo Boulez. A rendere ancora più eclettico e inconfondibile il suo stile è l'uso di strumenti esotici o curiosi come il gamelan e le onde Martenot (Jeanne Loriod, sorella della sua seconda moglie, era una virtuosa di questo strumento). A dispetto dello stile così vario e inusuale, la maggior parte delle sue composizioni (con la notevole eccezione di quelle ispirate al canto degli uccelli) sono di carattere sacro o mistico e dipingono quello che egli stesso chiamava «l'aspetto meraviglioso della fede», testimoniando il suo credo nella religione cattolica[2].

Messiaen era affascinato dal canto degli uccelli, ed era suo convincimento che essi fossero i più grandi musicisti sulla Terra[3] e piuttosto che compositore, si considerava più "un ornitologo e un ritmista"[4]. Nei suoi numerosi viaggi in tutto il mondo, ebbe modo di ascoltare e registrare il canto di numerosi uccelli, realizzando delle trascrizioni (soprattutto per pianoforte ma anche per orchestra), tra cui la più celebre è il Catalogue d'oiseaux (Catalogo d'uccelli), composto tra il 1956 e il 1958. Oltre a essere composizioni a sé stanti, tali trascrizioni vennero inserite in gran parte delle sue opere più famose, come nella Sinfonia Turangalîla e nel San Francesco d'Assisi. L'uso innovativo di ritmo, melodia e armonia, la sua personale concezione delle relazioni tra tempo, musica e colore, la passione per il canto degli uccelli e la sua sincera e profonda ispirazione religiosa, nonché il suo ruolo di didatta, hanno contribuito a fare di Messiaen uno dei più grandi e influenti compositori del XX secolo.

  1. ^ Rischin, p. 62.
  2. ^ Samuel, p. 18.
  3. ^ Samuel, p. 124.
  4. ^ Samuel, p. 101.


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