La prevalenza, in particolare la prevalenza puntuale, è una misura di frequenza impiegata in epidemiologia per esprimere il rapporto fra il numero di persone malate in una popolazione in un definito momento e il numero totale degli individui della popolazione (quindi sani e malati) nello stesso istante.[1][2][3] Per migliorare la leggibilità del dato si moltiplica il risultato per una costante (pari a dieci o un suo multiplo).
Oltre alla prevalenza puntuale (detta anche prevalenza puntiforme, in inglese point prevalence) si può stimare la prevalenza periodale (in inglese period prevalence); nella prima, l'osservazione del numero di individui malati sulla popolazione totale è riferita a un definito momento (ad esempio, al 31/12 di un anno), mentre nella seconda essa si riferisce a un determinato arco temporale, prendendo in considerazione gli individui malati in un dato periodo e la popolazione nel medesimo periodo.[1] Il bisogno di distinguere le due è legato alle diverse necessità di indagine epidemiologica: la prevalenza periodale può essere solo stimata perché non solo il numero degli eventi e la numerosità della popolazione variano durante l'arco temporale, ma è anche la stessa situazione epidemiologica a influenzare direttamente o indirettamente la variazione di numerosità della popolazione.[1] Per esempio, nel caso della epidemia di Covid-19, la malattia ha provocato delle morti da coronavirus, ma anche altre morti per altre patologie dovute alla minore efficienza della sanità, a causa delle difficoltà logistiche, di igiene e per il minor numero di operatori ospedalieri dovuto alla malattia. Quindi, occorre stimare un valore indicatore del numero di eventi nel periodo e un valore indicatore della popolazione, prima di calcolare la prevalenza periodale, oppure deve essere estratto un campione statistico su cui effettuare la misurazione.[4] Quanto più breve è il periodo, tanto più sarà attendibile la stima effettuata.