La biometria (dalle parole greche bìos = "vita" e métron = "conteggio" o "misura") è la «disciplina che studia le grandezze biofisiche allo scopo di identificarne i meccanismi di funzionamento, di misurarne il valore e di indurre un comportamento desiderato in specifici sistemi tecnologici».[1]
Le dimensioni del cranio e la conformazione dell'apparato scheletrico, in termini di proporzione fra le sue componenti, sono fra le prime variabili studiate nella storia della biometria.[2] L’autenticazione tramite riconoscimenti biometrici è usata nell’informatica come forma di identificazione e di controllo sugli accessi. È inoltre utilizzata per riconoscere individui sotto sorveglianza mentre si trovano insieme ad altre persone.
Gli identificatori biometrici sono caratteristiche distintive e misurabili usate per etichettare e descrivere un individuo.[3] Gli identificatori biometrici sono spesso classificati come caratteristiche fisiche o caratteristiche comportamentali.[4] Le caratteristiche fisiche si riferiscono alla forma del corpo. Alcuni esempi possono essere le impronte digitali, le vene delle dita o del palmo della mano, la forma del viso, il DNA, l’impronta della mano, la geometria della mano, il riconoscimento dell’iride o della retina dell’occhio. Le caratteristiche comportamentali, invece, sono strettamente legati alle abitudini di una persona, includendo ma non limitandosi al ritmo di battitura, l’andatura[5] e alla voce.
I metodi più tradizionali del controllo sugli accesso includevano sistemi di identificazioni basati su carte di riconoscimento, come la patente di guida o il passaporto, e sistemi basati sulla conoscenza di informazioni, quali la password o al PIN.[3] Dato che gli identificatori biometrici sono unici da individuo a individuo, sono molto più affidabili nel verificare l’identità rispetto a metodi basati su documenti o informazioni; comunque, l’insieme degli identificatori biometrici solleva preoccupazioni riguardo all’uso finale di queste informazioni.[3][6]