Nell'antichità classica il crotalo (in greco antico: κρόταλον?, krótalon)[1] era un tipo di battacio o di nacchere usato nelle danze religiose di gruppo nell'antica Grecia e altrove, ad esempio da parte dei coribanti.[2][3]
È stato erroneamente supposto da alcuni scrittori che il termine fosse equivalente a "sistro". Questi errori sono stati confutati da Friedrich Adolph Lampe (1660-1679) nel De cymbalis veterum (I, 4, 5, 6). In base a quanto scritto nella Suda e dallo scoliaste ad Aristofane (apud Nuvole, v. 260) sembra che il crotalo fosse formato da uno stelo o da una canna divisa, che faceva rumore quando era scossa con la mano. Secondo Eustazio di Tessalonica (apud Il., XI, 160) era fatto di conchiglia e ottone, oppure di legno. Clemente Alessandrino attribuisce l'invenzione degli strumenti ai Siciliani e ne proibisce l'uso ai cristiani, per via delle movenze e dei gesti che accompagnavano l'esibizione.[4][5]
Le donne che suonavano il crotalo erano chiamate crotalistriae. Un esempio ne era la Copa di Virgilio (v. 2):
«Crispum sub crotalo docta movere latus.»
Questo verso allude alla danza con il crotalo (simile alle nacchere), per il quale abbiamo l'ulteriore testimonianza di Macrobio (Saturnalia, III, 14, 4‑8).[4]
Poiché lo strumento produceva un rumore in qualche modo simile a quello delle gru, l'uccello era chiamato crotalistria, "suonatore di crotali".[5]
Pausania il Periegeta afferma, citando il poeta epico Pisandro di Camiro, che Eracle non uccise gli Uccelli del lago Stinfalo, ma li condusse via suonando il crotalo. A giudicare da ciò, lo strumento deve essere eccezionalmente antico.[5][6][7]
La parola krotalon è spesso applicata, come semplice metafora, a una persona loquace (Aristofane, Nuvole, 448; Euripide, Ciclope, 104).[4] Uno dei nomi spagnoli del "serpente a sonagli" è crótalo.[8]