Defixiones

Tabella del V secolo in greco con la raffigurazione di una divinità, forse la dea greca Ecate, conservata presso il Museo civico archeologico (Bologna)
Tabella defixionum (Museo civico archeologico di Bologna)

Nell'antica Roma, le dēfīxiōnēs (defissioni; al singolare «dēfīxiō», defissione) erano testi di contenuto magico, spesso contenenti maledizioni, scritti su tavolette (le tabellae defixionum) costituite da lamine di piombo incise a graffio. Tale pratica fu descritta dallo storico Plinio il Vecchio.

Il nome deriva dal latino defigere («inchiodare», «conficcare», «immobilizzare»), con evidente allusione alla volontà di immobilizzare le capacità fisiche e mentali della persona oggetto della maledizione, nonché all'atto pratico di trafiggere il supporto scrittorio con chiodi, attuando così una sorta di effetto simpatetico, cioè di identificazione tra l'atto fisico della trafittura e l'invocazione del castigo divino.

La defissione definisce la pratica magica collegata al rito della penetrazione con un chiodo della lamina arrotolata su se stessa, su cui era scritto il nome del destinatario della maledizione o su cui era inciso semplicemente il testo dell'anatema. La tavoletta inchiodata era posta in una buca che si credeva potesse comunicare con gli Inferi.

Le tabellae costituiscono un reperto importante non solo dal punto di vista linguistico (ne sono state ritrovate scritte in greco, latino, etrusco, osco, celtico, iberico, punico), ma anche paleografico perché consentono una conoscenza più ampia delle scritture corsive nell'antichità. I più antichi ritrovamenti di questo tipo provengono dalla città di Selinunte in Sicilia.

A seconda del contesto e dell'attività svolta dalla vittima delle maledizioni, si sono tentate delle classificazioni di defixiones: maledizioni agonistiche, amorose, politiche, giudiziarie.


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