Enzo Tortora | |
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Presidente del Partito Radicale | |
Durata mandato | 1985 – 1986 |
Predecessore | Marco Pannella |
Successore | Marco Pannella |
Europarlamentare | |
Durata mandato | 24 luglio 1984 – 13 dicembre 1985 |
Legislatura | II |
Gruppo parlamentare | Non iscritti |
Circoscrizione | Italia nord-occidentale |
Incarichi parlamentari | |
Membro della commissione giuridica e dei diritti dei cittadini | |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | PLI (1976-1983)[1] PR (1984-1988) |
Titolo di studio | Laurea in giurisprudenza |
Università | Università degli Studi di Genova |
Professione | Giornalista, conduttore televisivo |
Enzo Claudio Marcello Tortora (Genova, 30 novembre 1928 – Milano, 18 maggio 1988) è stato un conduttore televisivo, autore televisivo, conduttore radiofonico, attore, giornalista e politico italiano.
Considerato tra i padri fondatori della televisione in Italia, tra i suoi lavori più importanti in televisione vi sono la conduzione de La Domenica Sportiva e l'ideazione e conduzione del fortunato programma Portobello. Il suo nome è anche ricordato per un clamoroso caso di malagiustizia di cui fu vittima e che fu poi denominato "caso Tortora". Tortora fu accusato, su richiesta dei procuratori Francesco Cedrangolo e Diego Marmo, dal giudice istruttore, il magistrato Giorgio Fontana,[2] di gravi reati, ai quali in seguito risultò totalmente estraneo, sulla base di accuse formulate da soggetti provenienti da contesti criminali; il 17 giugno 1983 fu per questo arrestato e imputato di associazione camorristica e traffico di droga.[3]
Dopo sette mesi di reclusione in carcere, 2 trascorsi a Roma e 5 a Bergamo, nel gennaio del 1984, gli furono concessi gli arresti domiciliari per ragioni di salute, ma il 17 settembre 1985 i due pubblici ministeri del processo, Lucio Di Pietro e Felice Di Persia,[2] ottennero la sua condanna a dieci anni di carcere. La sua innocenza fu successivamente dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando venne infine assolto dalla Corte d'appello di Napoli, con sentenza confermata dalla Corte di cassazione nel 1987.[4] Durante questo periodo, Tortora fu eletto europarlamentare per il Partito Radicale, di cui divenne anche presidente. Tortora tuttavia, estremamente provato, morì nel 1988, appena un anno dopo la sua definitiva assoluzione.
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