Giochi nell'antica Roma

Giocatori di dadi su una tabula lusoria. Affresco romano dall'Osteria della Via di Mercurio a Pompei (VI 10, 1.19, stanza b)
Il gioco del nascondino (Affresco da Ercolano. I sec. d.C. Museo Archeologico Nazionale di Napoli)

Gli antichi romani presero dalle culture precedenti, specialmente da quella greca[1], l'esercizio di quelle attività con le quali da soli o in gruppo, bambini, per puro divertimento, e adulti, per svagarsi dagli impegni quotidiani, giocavano[2].

Il gioco, seguendo la tradizione greca, era considerato dai Romani come dotato di una valenza educativa: i bambini, come avevano insegnato Platone[3] e Aristotele[4], giocando prendono contatto con la società che li circonda, imparano a rispettare le regole con lealtà, pena l'esclusione dalla comunità.

  1. ^ E. Salza Prini Ricotti, Giochi e giocattoli, Roma 1996, p.13
  2. ^ Ibidem
  3. ^ Platone, Lex, I. 643
  4. ^ Aristotele, Politica, VII. 15

Giochi nell'antica Roma

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