Graffiti (archeologia)

Graffito fenicio della tomba d'Ahiram (necropoli reale di Biblo)

Un graffito è un disegno o un'iscrizione grafica, prevalentemente eseguita attraverso incisione su pietra, metallo, intonaco; generalmente in superfici durevoli.

Fin dall'antichità si usavano strumenti, anche rudimentali, quali scalpelli, chiodi, punteruoli, stiletti o altri utensili simili. Molti esempi di graffiti sono disegni astratti o simbolici, che svolgevano forse un ruolo di comunicazione concettuale prima dell'avvento della scrittura. La parola graffito deriva dal latino "graphium" : scalfittura, che trae la sua etimologia dal greco "graphèin" che significa: scrivere, disegnare o dipingere.
Graffiti sono già presenti nel paleolitico superiore, come nelle incisioni rupestri della Val Camonica[1]; numerose le testimonianze giunteci dall'antichità, dai fenici (il graffito della tomba d'Ahiram) all'impero romano (il Graffito di Alessameno) mentre, nel periodo paleocristiano e nell'alto Medioevo, graffiti sono presenti anche nelle lapidi funerarie. Il grado di complessità è altamente variabile in dipendenza del tipo di graffito, e può andare da una semplice incisione ad una pittura elaborata dei muri.

  1. ^ Archeocamuni - approfondimento sull'arte rupestre, su archeocamuni.it. URL consultato il 20 aprile 2009.

Graffiti (archeologia)

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