Stato Islamico (dal 2013)[25] Al Qaida (2013–2014) Supporto da: Arabia Saudita Contestato il supporto da parte di altri stati sunniti prima e durante gli scontri tra il gruppo e le altre formazioni ribelli.[26][27][28]
59.006 soldati delle forze armate 41.564 paramilitari della Forza Nazionale di Difesa e altre milizie affiliate al governo 1.321 Hezbollah 5.163 altri miliziani non siriani 28 militari russi uccisi (fonte SOHR, settembre 2016)[55]
52.359 ribelli siriani uccisi 52.031 combattenti stranieri (in gran parte membri di ISIS e al-Nusra) uccisi (fonte SOHR, settembre 2016)[55]
250.000 morti totali (marzo 2011- agosto 2015, fonte ONU)[56] 570.000+ morti totali, 2.800.000 feriti e mutilati[57][58]~ 12.000.000 sfollati totali, di cui oltre 6.000.000 rifugiati all'estero[59][60][61].
Danni economici per circa 400 miliardi di dollari, equivalenti a una recessione di almeno 30 anni.[62][63]
La guerra civile siriana (in araboالحرب الأهلية السورية?, al-Ḥarb al-ahliyya al-sūriyya) o rivoluzione siriana (in araboالثورة السورية?, al-thawra al-sūriyya) ha avuto inizio nel 2011 in Siria, vedendo contrapposti vari schieramenti. Il conflitto si evolvette da una serie di rivolte popolari scoppiate nell'ambito della primavera araba, il cui obiettivo era la caduta del regime autoritario del presidente Bashar al-Asad.
La reazione violenta del regime portò l'opposizione ad armarsi e a costituire l'Esercito siriano libero. Progressivamente sorsero in seno all'opposizione numerose altre organizzazioni e milizie armate, la gran parte delle quali di matrice islamista. In sostegno al regime di Damasco intervennero la Russia, l'Iran e Hezbollah, mentre l'opposizione venne sostenuta principalmente dalla Turchia e dal Qatar. In contemporanea le regioni a maggioranza curda vennero inglobate nell'Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est. Il vuoto di potere generato dal conflitto portò lo Stato Islamico a prendere il controllo di gran parte della Siria centrale e orientale tra il 2013 e il 2015.
Le forze governative, sostenute dai propri alleati, ripristinarono il controllo sulla maggior parte del paese con una serie di offensive tra il 2016 e il 2017. Il conflitto si congelò quindi tra il 2020 e il 2024: il regime di Damasco mantenne il controllo della maggior parte del paese, l'Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est si asserragliò nelle regioni nordorientali, mentre sacche dell'opposizione resistettero nel nord-ovest del paese. Con una serie di rapide offensive nel 2024 le forze dell'opposizione riuscirono a sconfiggere il regime di al-Asad e a stabilire infine un governo di transizione.
La gran parte degli attori coinvolti nel conflitto sono stati accusati di crimini e violazioni dei diritti umani da parte delle principali organizzazioni internazionali. Il conflitto ha avuto effetti disastrosi sul paese: la gran parte delle infrastrutture del paese vennero danneggiate e le sanzioni internazionali isolarono il paese; la maggior parte della popolazione siriana rimase sfollata e un quarto dei siriani abbandonarono il paese come rifugiati per stabilirsi prevalentemente in Turchia, Libano, Giordania ed Europa. Il conflitto assunse spesso caratteristiche settarie: l'opposizione fu infatti dominata principalmente dalla componente sunnita, mentre gli alauiti e le altre minoranze religiose sostennero principalmente il regime.