Repressioni staliniste in Mongolia

Le repressioni staliniste in Mongolia (in mongolo Их Хэлмэгдүүлэлт, Ikh Khelmegdüülelt - Grande repressione) ebbero il loro apice tra il 1937 e il 1939 sotto la guida di Khorloogiin Chiubaksan su istruzioni sovietiche. L'obiettivo del genocidio era sopprimere le forze patriottiche mongole. L'URSS fermò le migrazioni dei Buriati, un grande gruppo etnico siberiano, verso la Repubblica Popolare Mongola nel 1930. Tutti i leader mongoli che non approvarono la decisione sovietica di diffondere il terrore nella popolazione vennero giustiziati dai Russi, mentre Peljidiin Genden, Anadyn Amar e Choibalsan accettarono la richiesta dopo essere stati pesantemente minacciati. Il leader del Comintern, Bohumir Smeral, disse "I mongoli non sono importanti, la terra è importante. La Mongolia è più vasta di Inghilterra, Francia e Germania messe insieme." Le purghe si verificarono in tutta la nazione, anche se si concentrarono soprattutto nei più alti ranghi del partito, dell'esercito e del governo, interessando anche i Buriati, i movimenti patriottici e nazionalisti, gli intellettuali, i nobili, i ricchi e il clero Buddhista. Un'accusa molto comune fu la sospetta collaborazione con la presunta rete spionistica giapponese.


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