Utente:Blackcat/Dizionario cinico

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àlcool, s.m.: quello per antonomasia è l’a. etilico, liquido molto utile per disinfettare le ferite del corpo e dello spirito.

amòre, s.m.: la più grave delle malattie veneree. Per -: dicesi di azione compiuta per futili motivi, in modo scioccamente ingiustificato e dannoso e/o di cui si è radicalmente pentiti. L’– fa girare il mondo: locuzione eufemistica creata per mascherare il fatto che in realtà esso faccia in genere girare i coglioni.

apatìa, s.f.: sperare che piova per avere una buona scusa per stare in casa il sabato sera.

armoniòso, agg. m. e f.: dicesi di una sinfonia di Beethoven, di una villa palladiana e di un fianco femminile.

autolesionìsmo, s.m.: dire a una ragazza che vi piace che siete raffreddati.

automòbile, s.f.: uno dei modi più efficaci di distruggersi fisicamente o economicamente. Vedi anche DONNA.

bòria, s.f.: Il nome stesso richiama l’immagine del “pallone gonfiato” e, come il gas che gonfia il pallone, la b. tende a occupare tutto lo spazio disponibile.

cànna, s.f.: TUBO rettilineo in cui passa una pallottola e successivamente del fumo (- di fucile) o del fumo senza pallottola (- propriamente detta). Entrambi i tipi sono oggidì indispensabili per qualsiasi operazione militare.

capèllo, s. m. (anche se quelli delle DONNE durano in media di più): distanza che separa una trovata geniale da una tremenda stronzata.

cinìsmo, s.m.: Uno dei due modi razionali di affrontare la vita. L’altro è il SUICIDIO.

computer (compjù-ter, ingl.), s.m.: strumento della tecnologia moderna assolutamente indispensabile per qualsiasi attività che preveda l’elaborazione di testi, suoni e immagini. A seconda dello scopo per cui viene impiegato, l’uso del - permette un risparmio di tempo che oscilla fra il 30 e il 90%; in genere tale tempo reso libero viene impiegato dall’utente del - rincoglionendosi con altro software più commerciale, tipicamente costituito da videogame, pornografia digitalizzata e programmi di utility che – a onta del nome – sono quanto di più inutile si possa immaginare. Essendo ormai divenuto parte integrante della nostra vita quotidiana, il c. compare in numerose locuzioni e frasi fatte: è un –: dicesi di qualcuno che riteniamo essere un emerito cretino, ma che ostenta un’erudizione e/o una memoria superiore a quanto mediamente siamo disposti a sopportare. Adesso controllo con il –: frase di uso comune in qualsiasi ufficio pubblico e privato, grazie alla quale un impiegato può raccontare alla persona che ha davanti qualsiasi balla disumana come se provenisse dal terminale.

conquistatòre, s.m.: dicesi di UOMO che riesce a creare alla DONNA più problemi di quanti questa ne crei a egli.

corrètto, agg. m.: dicesi di qualcosa eseguito nel modo giusto. Per esempio: caffè, l’unico modo giusto di bere il caffè; persona –: dicesi di soggetto che è stato sufficientemente abile nel danneggiarci e/o diffamarci, dimodoché al momento non ne sappiamo nulla.

còscia, s.f.: l’unica parte veramente apprezzabile del pollo, della rana e della DONNA.

divertìrsi, v. rifl.: attività preferita da chi possiede DENARO in quantità sufficiente da dedicarsi ai bagordi senza preoccuparsi del conto. Di fatto consiste delle stesse occupazioni insulse e dispersive tipiche di ogni altra classe sociale, esercitate però in modo da destare invidia e in ciò consiste appunto il divertimento.

dònna, s.f.: (dal latino dòmina, -ae, padrona). L’unico essere del creato che gode di una totale e indiscussa supremazia e desidera la parità con i suoi sottoposti. V. anche UOMO.

elettrònica, s.f.: scienza che permette di rendere più semplici le cose difficili e impossibili quelle facili. Nel 90% dei casi, inutilità eretta a dottrina; nel restante 10% scienza esatta dell’inesatto. Senza l’- non avremmo COMPUTER, televisori, telefoni né il bisogno di servircene.

fast food (fæst fu:d, ingl, trad: “alimento rapido”), s.m.: luogo dove ci si lava le mani dopo aver mangiato.

fortùna, s.f.: uno di quei rari momenti in cui la SFORTUNA è distratta. | Che –!: frase che si pronuncia quando incontriamo qualcuno di cui non ci importa assolutamente nulla. L’esclamazione con cui si fa riferimento alla - in senso stretto è diversa e in genere implica un curioso riferimento alla parte di noi che poggia su una sedia.

gengìva, s.f.: tessuto boccale fittamente capillarizzato coadiuvante dell’azione del DENTE, quando questa non sia di per sé sufficiente.

guànto, s.m.: il capo di abbigliamento più pregiato (infatti è sempre fatto a mano).

informàtica, s.f.: dimostrazione tangibile (se ce ne fosse bisogno) dell’esistenza del Male nell’universo.

ingiustìzia, s.f.: qualsiasi azione scorretta che procuri danno, o quantomeno non procuri alcun vantaggio, a chi la lamenta.

innamorato, -a, agg. (anche sost. e part.) prevalentemente m.: chi, aspettando una telefonata che non arriva, controlla per almeno due volte se la cornetta è appoggiata bene.

intelligènte, agg. m. e (più raramente) f.: dicesi di soggetto che fin dal primo istante capisce e apprezza le nostre qualità.

irregolare, agg. inv.: qualsiasi torneo o elezione che non veda vincitori la squadra o il partito da noi sostenuti.

làdro, s.m.: chiunque abbia delle idee molto elastiche riguardo alla proprietà altrui e molto rigide riguardo alla propria.

làtte, s.m.: liquido bianco secreto dai mammiferi di sesso femminile, tramite apposite ghiandole, per allungare il Gin quando questo scarseggia.

liquirìzia, s.f.: il gusto del Tabù.

lògica, s.f.: risorsa di chi non ha abbastanza denaro o influenza per far valere le proprie ragioni, e non è nemmeno così originale da tirar fuori qualcosa di nuovo con cui stupire. La l. è considerata un espediente piuttosto meschino, a cui fare ricorso quando fascino, carisma o ricatto hanno fallito: è lo strumento di cui si serve chi non ha alcun particolare punto di forza, ma si ostina a voler imporre le sue idee. E, dato che viene vista come dozzinale e futile, la si incontra assai di rado.

malìzia, s.f.: ciò che negli altri, a seconda dei casi, definiamo volgarità, artificio o insulsaggine.

manicheìsmo, s.m.: dottrina filosofica basata su una rigorosa e netta separazione fra bene e male. Da condannare decisamente, in quanto è noto che il male non esiste come principio a sé stante, ma trova sempre qualche male peggiore a cui mescolarsi inscindibilmente. Il m., inoltre, postula l’esistenza del bene da qualche parte nell’universo, cosa che francamente non ci sentiamo di condividere.

martèllo, s.m.: strumento molto utile per spaccare l’intonaco dei muri o pestarsi le dita; se maneggiato senza la dovuta attenzione può anche accidentalmente colpire la testa di un chiodo.

masturbazione, s.f. (e soprattutto m.): secondo Woody Allen trattasi di sesso fatto con qualcuno di cui si abbia vera stima.

mediòcre, agg. m. e f.: qualsiasi azione dell’Inter.

mercàto, s.m.: ciò che fa sì che in alcune regioni del mondo ci si preoccupi dell’alimentazione degli animali domestici più di quanto in altre ci si interessi della sopravvivenza di esseri umani.

modèstia, s.f.: virtù straordinaria che ricorda molto da vicino la moglie del Tenente Colombo: se ne parla sempre, ma non la si vede mai.

mòrte, s.f.: cessazione dell’attività vitale o stato di noia sufficiente a produrla. Fedele fino alla –: in genere, fino alla m. esclusa. La – ma non il peccato: frase che si cita quando il peccato attualmente disponibile non c’interessa.

nevròtico, s.m.: persona che cerca le scorciatoie andando a passeggio.

niènte, s.m.: ciò che resta dopo che si è tolto l’inutile, il fastidioso, lo squallido, lo spregevole, il monotono, il pretenzioso, l’assurdo e l’incoerente.

nòia, s. f.: sentimento che deriva dalla coscienza della propria grandezza, nonché dalla consapevolezza che essa sarà inutile nell’immediato futuro.

òrlo, s.m.: parte del pantalone che permette a qualsiasi uomo di avere una donna ai suoi piedi.

òro, s.m.: metallo bianco-giallastro, duttile e malleabile, che ha la tendenza a rendere duttili e malleabili anche coloro ai quali viene offerto.

oscèno, -a, agg.: dicesi di qualsiasi cosa che provochi un’erezione a un moralista, a un giudice o a un sacerdote.

ottimìsmo, s.m.: aspettativa positiva concernente un dato evento futuro. Generalmente è funzione inversa del tempo che manca prima che tale evento si verifichi.

palèstra, s.f.: luogo ove le più tradizionali norme della LOGICA vengono capovolte. Qualsiasi essere dotato di raziocinio si aspetta una qualche forma di compenso per le sue fatiche, mentre chiunque frequenti una p. sgobba come un mulo per ore pagando profumatamente.

poèta, -èssa, s.: autore che deve andare a capo ogni quattro parole per assicurarsi che la gente legga quel che scrive.

pornogràfico, -a, agg.: dicesi di cosa per la quale si perda qualsivoglia interesse immediatamente dopo la MASTURBAZIONE.

presunziòne, s.f.: far pesare agli altri l’incapacità di riconoscere le nostre strabilianti virtù.

prudènza, s.f.: non prendere l’ascensore di domenica.

pubblicità, s.f.: demone terrificante che manipola la volontà degli uomini facendo sì che un brano musicale meraviglioso e sublime che adorate sia associato in modo definitivo all’immagine dei pannolini e della pasta adesiva per dentiere.

puzzle (pa’: sl, ingl., da jigsaw puzzle, trad: “rompicapo di pezzi a incastro”), s.m.: capolavoro dell’idiozia, che costringe a lavorare per rimettere insieme ciò che un altro ha lavorato per spezzettare. Per sottolineare l’idiozia degli utenti, la casa produttrice in genere stampa sul coperchio della scatola contenente il p. l’immagine che gli acquirenti si scervellano a rimettere insieme, in modo da togliere loro la peraltro modesta soddisfazione di scoprire poco a poco ciò che stanno ricomponendo.

rasòio, s.m.: utensile costituito da un manico e da una lama affilatissima, utilizzato dai personaggi dei racconti dell’orrore e di qualche pessimo film per sgozzare le loro vittime. Qualcuno sostiene che una volta venisse anche adoperato per farsi la barba, ma chiunque abbia provato a servirsi in tal senso del r. sa bene che in questo modo ci si riduce quasi peggio delle vittime suddette.

rìcco, agg. m. e f.: chi, grazie al DENARO, riesce a sopportare la miseria.

scàrpa, s.f.: oggetto di cuoio, con o senza lacci, inventato per nascondere i buchi nei calzini.

sfortùna, s.f.: nume tutelare dei falliti, a cui possono essere attribuiti i risultati di pigrizia, disattenzione, imprecisione, inettitudine, incoscienza, stupidità, presunzione, testardaggine, debolezza, vigliaccheria, trascuratezza e insulsaggine. Se non vi fosse la s. ognuno dovrebbe addossarsi le proprie colpe, cosa fondamentalmente incompatibile con la posizione eretta.

silicòne, s.m.: il seno di poi.

solitùdine, s.f.: doversi alzare quando finisce la carta igienica.

stampànte, s.f.: raffinato congegno elettronico capace di accartocciare un foglio di carta ricoprendolo di guazzabugli incomprensibili e talvolta persino riducendolo in minuti frammenti, rendendolo completamente inutilizzabile. Viene in genere utilizzato dalle amministrazioni pubbliche e dai servizi segreti per distruggere documenti importanti che non devono cadere nelle mani sbagliate. Qualche folle si ostina a cercare di sfruttare un effetto collaterale del suo lavoro per la composizione di testi, in genere utilizzandola accoppiata al COMPUTER. - laser: come tutti gli oggetti che comprendono il laser nella loro denominazione, evoca l’immagine di una macchina perfetta in grado di produrre autentici miracoli. È superfluo rimarcare che in genere il costo di una di queste apparecchiature è maggiore di quello che si sosterrebbe assumendo uno scriba che miniasse le vostre velleità letterarie.

stitichézza, s.f.: qualcuno aulicamente la contrabbanda come “intestino pigro”, il che costituisce un evidente nonsenso: praticamente come criticare il capo reparto produzione di una ditta perché il responsabile del marketing non sa fare il suo lavoro.

stùpro, s.m.: decisione unilaterale di avvalersi del corpo altrui senza rispettare il normale iter burocratico.

suicìdio, s.m.: azione sciocca dettata dalla convinzione arbitraria che i problemi finiscano con chi li crea.

tùbo, s.m.: cilindro forato di metallo, plastica o gomma in cui in genere scorre dell’acqua. Data l’estrema semplicità di questo oggetto è logico che ne derivi l’espressione non capire un -, che tende in questi ultimi tempi a lasciare il passo a un’altra in cui compare un oggetto di forma simile e di uso forse ancora più immediato.

tùtto, s.m.: parte non funzionante della maggioranza dei sistemi, delle teorie, dei meccanismi, degli schemi, dei comportamenti e dei principi comunemente in uso sul pianeta Terra.

uòmo, s.m.: uno dei rari casi in cui il contrario di qualcosa di pessimo riesce ad essere ancor peggiore. V. anche DONNA.

vèrgine, a. (anche sost.) m. e (prevalentemente) f.: dicesi di cassetta audio o video non ancora utilizzata. Su alcuni dizionari abbiamo rilevato un poco plausibile tentativo di attribuire a questo termine un’etimologia latina e ci domandiamo seriamente che significato ciò possa avere se si tiene conto del fatto che gli antichi Romani non disponevano di apparecchiature per la riproduzione di suoni e immagini.

vìdeo, s.m.: parte di un’apparecchiatura elettronica deputata alla riproduzione di immagini (propriamente videoregistratore). Deriva dal verbo latino video, che possiamo tradurre con “io vedo” anche se, in realtà, sarebbe più corretto dire “io vedo se non mi hanno rifilato un altro televisore scassato, se non salta di nuovo la corrente e se quel ladro dell’antennista non ha rubato i suoi soldi”.

vìta, s.f.: L’unica malattia che si conclude inevitabilmente con la MORTE.

vìzio, s. (manco a dirlo) m.: abitudine o stato cui indulge chi, lungi dall’essere attratto dai piaceri materiali, cerca di sperimentarli assiduamente per dimostrare la loro vanità.


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