Col termine waqf (in arabo ﻭﻗﻒ?; in turco vakıf[1], italianizzato "vakuf"), cui in area nordafricana viene preferito spesso il termine ḥubus o habous (in arabo ﺣﺒﺲ?), si indica una fondazione pia islamica.
Generalmente i beni di una waqf sono proprietà immobiliari alienate e istituite come donazione per servire gli interessi di alcuni beneficiari, per esempio familiari, poveri, viandanti, studiosi, mistici o la popolazione tutta.
Tali fondazioni in passato, in molti paesi islamici, rappresentavano più della metà di tutta la proprietà immobiliare, supportavano il sistema legale con le sue istituzioni e fungevano da sostegno alla vita pubblica e a una fiorente società civile. Oggetti dell'opera di queste fondazioni potevano essere moschee, scuole, università, ospedali, mense pubbliche, fontane pubbliche, ponti, illuminazione stradale e patrimoni immobiliari.
Con l'andar del tempo, l'accumulo di un patrimonio spesso diventato del tutto improduttivo e addirittura del tutto inagibile, ha condotto vari Stati islamici ad avocare a sé il compito di provvedere in merito, con l'istituzione sovente di appositi ministeri in grado di provvedere al loro concreto funzionamento.
La gestione dei beni delle waqf ha quasi sempre arricchito notevolmente la classe degli ʿulamāʾ e fu ad esempio, il loro esproprio da parte dell'ultimo Scià dell'Iran, nel corso della cosiddetta "Rivoluzione Bianca", a provocare - tra gli altri fattori - la loro veemente reazione, dal momento che, così facendo, si impediva la gestione (e talora lo sfruttamento) dell'immenso patrimonio gestito dal "clero" sciita, contribuendo a provocare un'insanabile frattura fra il regime monarchico e i religiosi.