Guerra d'Etiopia

Disambiguazione – Se stai cercando la guerra tra l'Italia e l'Etiopia degli anni 1895-1896, vedi Guerra di Abissinia.
Guerra d'Etiopia
Soldati italiani analizzano tavole di tiro per l'artiglieria
Data3 ottobre 1935 - 5 maggio 1936
(0 anni e 215 giorni)
LuogoEtiopia
Casus belliIncidente di Ual Ual
EsitoVittoria italiana
Annessione dell'Etiopia e creazione dell'Africa Orientale Italiana
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
~ 464 000 soldati italiani[1]
60 000 àscari eritrei[2]
25-30 000 dubat somali[2]
7 800 àscari libici[3]
Non vi sono dati precisi. Le stime variano da 280 000-350 000[4] fino a 760 000-800 000[5][6]
Perdite
Fino al 31/12/1936: 3 731 soldati e 619 civili italiani (totale 4 350)[7]
3 000-4 500 àscari[8]
~ 9 000 feriti
È difficile fornire dati precisi sulle perdite. Le stime italiane indicano in circa 40 000 - 50 000 caduti etiopici al fronte nord e 15 000 - 20 000 al fronte sud[9]
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La guerra d'Etiopia (nota anche come campagna d'Etiopia) fu un conflitto armato che si svolse tra il 3 ottobre 1935 e il 5 maggio 1936 e vide contrapposti il Regno d'Italia e l'Impero d'Etiopia. Condotte inizialmente dal generale Emilio De Bono, rimpiazzato poi dal maresciallo Pietro Badoglio, le forze italiane invasero l'Etiopia a partire dalla colonia eritrea a nord, mentre un fronte secondario fu aperto a sud-est dalle forze del generale Rodolfo Graziani dislocate nella Somalia italiana. Nonostante una dura resistenza, le forze etiopi furono soverchiate dalla superiorità numerica e tecnologica degli italiani e il conflitto si concluse con l'ingresso delle forze di Badoglio nella capitale Addis Abeba.

La guerra fu la campagna coloniale più grande della storia[10]: la mobilitazione italiana assunse dimensioni straordinarie, impegnando un numero di uomini, una modernità di mezzi e una rapidità di approntamento mai visti fino ad allora. Fu un conflitto altamente simbolico, dove il regime fascista impiegò una grande quantità di mezzi propagandistici con lo scopo di impostare e condurre una guerra in linea con le esigenze di prestigio internazionale e di rinsaldamento interno del regime stesso, volute da Benito Mussolini[11], con l'obiettivo a lungo termine di orientare l'emigrazione italiana verso una nuova colonia popolata da italiani e amministrata in regime di apartheid sulla base di una rigorosa separazione razziale[12]. In questo contesto i vertici militari e politici italiani non badarono a spese per il raggiungimento dell'obiettivo: il Duce approvò e sollecitò l'invio e l'utilizzo in Etiopia di ogni arma disponibile e non esitò ad autorizzare l'impiego in alcuni casi di armi chimiche.

L'aggressione dell'Italia contro l'Etiopia ebbe rilevanti conseguenze diplomatiche e suscitò una notevole riprovazione da parte della comunità internazionale: la Società delle Nazioni decise d'imporre delle sanzioni economiche contro l'Italia che furono ritirate nel luglio 1936 senza peraltro aver provocato il benché minimo rallentamento delle operazioni militari. Nel complesso, la campagna di Etiopia fu un successo militare dell'Italia fascista, ottenuto in tempi brevi e con grande risonanza propagandistica, ma conseguito comunque ai danni di un esercito tribale, privo di equipaggiamenti pesanti e armi moderne, senza addestramento alla guerra moderna, che però durante le prime fasi del conflitto riuscì a contrattaccare l'esercito invasore e a contendere ampie porzioni di territorio in modo efficace nonostante l'incolmabile divario tecnologico[13].

Le ostilità non cessarono con la fine delle operazioni di guerra convenzionali, ma si prolungarono con la crescente attività di resistenza e di guerriglia dei partigiani arbegnuoc ("patrioti"), e con le conseguenti misure repressive attuate dalle autorità coloniali italiane, durante le quali non furono risparmiate azioni terroristiche nei confronti della popolazione civile. La resistenza etiope collaborò poi con le truppe britanniche nella liberazione del Paese, avvenuta durante la campagna dell'Africa Orientale Italiana nel corso della seconda guerra mondiale[14]. Formalmente la guerra ebbe termine solo con la stipula del trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate del 10 febbraio 1947, che comportò per l'Italia la perdita di tutte le colonie.

  1. ^ Compresi circa 80 000 volontari inquadrati nella Milizia. Vedi: Rochat 2008, pp. 37-39.
  2. ^ a b Rochat 2008, p. 37.
  3. ^ Rochat 2008, p. 41.
  4. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore DelBoca355
  5. ^ Harold G. Marcus, A History of Ethiopia, University of California Press, 2002, p. 140.
  6. ^ Stapleton, Timothy (2018). Africa: War and Conflict in the Twentieth Century. p.155
  7. ^ Rochat 2008, p. 128.
  8. ^ Del Boca II, pp. 717-718.
  9. ^ Del Boca II, p. 720.
  10. ^ Eguagliata solo successivamente dai francesi in Algeria e dagli statunitensi in Vietnam, sempre se sia corretto fare un paragone con queste due guerre. Vedi: Dominioni, p. 5.
  11. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Rochat35
  12. ^ Enzo Traverso, La violenza nazista. Una genealogia, Bologna, Il Mulino, 2002, p. 81, ISBN 978-88-15-13785-2.
  13. ^ p. 446 Pasquale Villani, L'età contemporanea, Bologna, Il Mulino, 1993 [1983], ISBN 88-15-02704-1.
  14. ^ Del Boca III, pp. 372-387.

Guerra d'Etiopia

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