Placentofagia (da "placenta" e dal greco φαγειν, "mangiare") è una pratica effettuata dai mammiferi in cui solitamente la madre ingerisce la placenta del proprio nascituro dopo il parto. Questa pratica è diffusa anche fra gli esseri umani, anche se ha suscitato numerose critiche per i rischi alla salute dovuti a un'eventuale infezione batterica della stessa.[1]
C'è anche una scuola di pensiero che ritiene che la placentofagia si verifichi per nascondere qualsiasi traccia del parto da predatori in natura. Molti mammiferi placentari partecipano alla placentofagia, compresi gli erbivori.[2]
Tra gli esseri umani questa pratica era molto diffusa fino a fine XIX secolo; in Abruzzo, affinché le giovani madri che avevano appena partorito producessero latte a sufficienza per il nascituro, si faceva bollire una parte della placenta ed il brodo da essa ottenuto veniva somministrato alle madri anche a loro insaputa, credendo che aumentasse la produzione di latte. Questa pratica veniva effettuata anche in Campania e Toscana dove la placenta veniva mangiata insieme ad altre carni.[3]