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Tioaldeidi

Struttura generale delle tioaldeidi con in blu il gruppo funzionale tiocarbonile.

Le tioaldeidi sono composti organosolforici (o zolforganici), cioè composti organici contenente legami carbonio-zolfo, aventi formula bruta CnH2nS, che recano nella loro struttura il gruppo funzionale tioformile, indicato con -CHS. Le tioaldeidi sono paragonabili ad aldeidi, RC(O) H, in cui un atomo di zolfo (S) ha sostituito l'atomo di ossigeno (O) nel doppio legame con il carbonio.

Il gruppo -C=S-H viene detto genericamente tiocarbonile o tiocarbonilico. Nelle tioaldeidi esso è legato a un atomo di idrogeno e ad un radicale alchilico o arilico; nella tioformaldeide, la tioaldeide più semplice, esso è legato a due atomi di idrogeno.[1]

A causa della poca stabilità del legame carbonio zolfo rispetto a quella del legame carbonilico, le tioaldeidi sono però molto più reattive delle aldeidi, non solo, esse sono anche più reattive dei relativi tiochetoni, a causa del fatto che la protezione sterica di cui godono è quella data da un solo gruppo sostituente. Per questo motivo generalmente le tioaldeidi non possono essere isolate in condizioni standard dato che tendono subito a polimerizzare; la già citata tioformaldeide (H2C=S), ad esempio, condensa formando il suo trimero ciclico chiamato 1,3,5-tritiano, mentre la tioacroleina (H2C=CHCH=S), formata dalla decomposizione dell'allicina presente nell'aglio, dimerizza attraverso una reazione di Diels-Alder, portando alla creazione di due vinilditiini isomeri.[2][3]

Nonostante la sua alta instabilità alle condizioni stardard terrestri, la tioformaldeide è invece stabile in condizioni decisamente più estreme, tanto che, grazie a tecniche di spettroscopia infrarossa, la sua presenza è stata riscontrata, assieme a quelle dei suoi isotopologhi mono- e di-deuterato, nelle nubi interstellari, come la nube di gas ad alta velocità chiamata CO-0.40-0.22.[4]

L'alta reattivià della tioaldeidi può essere diminuita di una certa misura attraverso una stabilizzazione cinetica o termodinamica. Nel primo caso, gruppi sostituenti piuttosto voluminosi in posizione α possono proteggere stericamente le tioaldeidi e permettere l'isolamento delle singola molecole, ne sono un esempio la 2,4,6-tri-terz-butil-tiobenzaldeide[5] e la tris(trimetilsilil) etanotiale.[6] Tra le tioaldeidi termodinamicamente stabilizzate si può invece citare il caso dell'aldeide viniloga 3-dimetilammino-propenetiale in cui la stabilizzazione si ha grazie al contributo della sua forma risonante.

2,4,6-tri-terz-butil-tiobenzaldeide.
Tris(trimetilsilil) etanotiale.
3-dimetilammino-propenetiale.
  1. ^ Thioaldehydes, su IUPAC Gold Book, IUPAC. URL consultato il 19 settembre 2017.
  2. ^ H. W. Kroto, B. M. Landsberg, R. J. Suffolk e A. Vodden, The photoelectron and microwave spectra of the unstable species thioacetaldehyde, CH3CHS, and thioacetone, (CH3)2CS, in Chem. Phys. Lett., vol. 29, n. 2, 1974, pp. 265-269, Bibcode:1974CPL....29..265K, DOI:10.1016/0009-2614(74)85029-3.
  3. ^ E. Block, Garlic and Other Alliums: The Lore and the Science, Royal Society of Chemistry, 2010, ISBN 0-85404-190-7. URL consultato il 19 settembre 2017.
  4. ^ Tomoharu Oka, Reiko Mizuno, Kodai Miura e Shunya Takekawa, Signature of an Intermediate-Mass Black Hole in the Central Zone of our Galaxy, in The Astrophysical Journal Letters, vol. 816, n. 1, The American Astronomical Society, 28 dicembre 2015, pp. L7, Bibcode:2016ApJ...816L...7O, DOI:10.3847/2041-8205/816/1/L7, arXiv:1512.04661. URL consultato il 14 settembre 2017.
  5. ^ Renji Okazaki, Akihiko Ishii, Nobuo Fukuda, Hiroyuki Oyama e Naoki Inamoto, Synthesis of 2,4,6-tri-t-butylthiobenzaldehyde, the first stable thiobenzaldehyde, in Journal of the Chemical Society, Chemical Communications, n. 20, 1982, pp. 1187-88, DOI:10.1039/C39820001187. URL consultato il 19 settembre 2017.
  6. ^ Renji Okazaki, Akihiko Ishii e Naoki Inamoto, First isolation of a stable aliphatic thioaldehyde, tris(trimethylsilyl)ethanethial, in Journal of the American Chemical Society, Chemical Communications, vol. 109, n. 4, 1987, pp. 279-80, DOI:10.1021/ja00235a046. URL consultato il 19 settembre 2017.

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