L'architrave (composto di archi- e trave[1], "trave maestra", oppure di arco e trave[2], "trave che funge da arco"), detto anche epistilio, sopraccolonnio o soprassoglio, è un elemento architettonico orizzontale, non spingente e portato (cioè che non tocca il suolo, ma scarica il suo peso su altri elementi), anche se molto spesso è a sua volta portante per elementi superiori che lo sovrastano.
L'architrave tipicamente si appoggia su due piedritti, talvolta tramite un incastro, ai quali trasmette il suo peso ed eventualmente quello delle strutture superiori che sostiene. Essendo in genere strutture che nella parte centrale sono sospese nel vuoto, esse hanno un limite di utilizzo in base al peso che vi viene appoggiato sopra e alla resistenza del materiale.
Nel tratto sospeso che le caratterizza si esercita infatti uno sforzo di flessione che tende a flettere (o a spezzare) nel punto più lontano dai sostegni. Infatti l'entità di questo sforzo è più elevato a seconda del braccio, cioè della distanza dal sostegno più vicino, mentre è nulla sul sostegno stesso (nei cosiddetti punti di applicazione). Il prodotto tra il braccio e il carico è detto momento meccanico.
Il problema tipico di un architrave è quello di calcolare il peso che sopporta e valutare il rapporto tra lunghezza e altezza da utilizzare in concreto. Talvolta, per esempio nell'architettura micenea o nell'edilizia medievale, si incontrano architravi pentagonali (con l'estremità superiore leggermente appuntita), che rinforzano il punto più debole (il centro) e incanalano il peso sui sostegni ai lati.