Carlo Borromeo cardinale di Santa Romana Chiesa | |
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Ritratto del cardinale Borromeo di Ambrogio Figino. Oggi questo dipinto è conservato nella Pinacoteca Ambrosiana.[1] | |
Humilitas | |
Incarichi ricoperti |
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Nato | 2 ottobre 1538 ad Arona |
Ordinato diacono | 21 dicembre 1560 |
Ordinato presbitero | 4 settembre 1563 dal cardinale Federico Cesi |
Consacrato vescovo | 7 dicembre 1563 dal cardinale Giovanni Antonio Serbelloni |
Elevato arcivescovo | 12 maggio 1564 da papa Pio IV |
Creato cardinale | 31 gennaio 1560 da papa Pio IV |
Deceduto | 3 novembre 1584 (46 anni) a Milano |
San Carlo Borromeo | |
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Orazio Borgianni, San Carlo Borromeo | |
Cardinale | |
Nascita | Arona, 2 ottobre 1538 |
Morte | Milano, 3 novembre 1584 (46 anni) |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 1º novembre 1610 da papa Paolo V |
Ricorrenza | 4 novembre |
Attributi | Bastone pastorale, mitria, pallio, libro, teschio |
Patrono di | Lombardia, Acquarica del Capo, São Carlos, catechisti, vescovi, fabbricanti d'amido |
Carlo Borromeo (Arona, 2 ottobre 1538 – Milano, 3 novembre 1584) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano.[2] È stato proclamato santo da papa Paolo V nel 1610, a soli 26 anni dalla morte, ed è considerato tra i massimi riformatori della Chiesa cattolica nel XVI secolo, anima e guida della Controriforma cattolica, nonché persecutore di protestanti evangelici. Tra le maggiori riforme da lui proposte e accettate dal Concilio di Trento, vi fu l'istituzione dei seminari per la formazione e l'educazione dei presbiteri.
"In un secolo in cui l'altezza media degli uomini non superava il metro e sessantacinque, Carlo Borromeo era alto più di un metro e ottanta"; così lo descrive Federico Rossi di Marignano:[3] non solo era molto alto, ma era anche di corporatura robusta. San Carlo osservava la raccomandazione di Ambrogio e di Agostino di digiunare e destinare ai bisognosi il denaro risparmiato. Negli ultimi anni di vita, secondo l'uso ecclesiastico antico, consumava un solo pasto al giorno, dopo il vespro. Si dice però che, pur tralasciando cibi costosi e preferendo il semplice pane, l'assumesse «in assai quantità».
Carlo Borromeo portò sempre la barba, anche se la vasta iconografia seicentesca lo raffigura spesso glabro; cominciò infatti a radersi solo nel 1576, al tempo della prima grande peste, e mantenne il volto rasato in segno di penitenza durante gli ultimi otto anni di vita.[4] Nipote di papa Pio IV (la madre Margherita Medici di Marignano era sorella di Pio IV, al secolo Giovanni Angelo Medici di Marignano), fu da lui nominato cardinale e segretario privato quando aveva poco più di vent'anni. In tale veste il giovane Carlo partecipò ai lavori del Concilio di Trento, divenendone protagonista proprio nel periodo conclusivo.
Dopo la morte dello zio, nel 1566 Carlo Borromeo si trasferì da Roma a Milano, attuando nella diocesi ambrosiana i dettami tridentini e vivendo in ascetica povertà. Dedicò la sua azione pastorale alla cura delle anime e alla moralizzazione dei costumi, promuovendo oltre al culto «interiore» anche il culto «esteriore» – riti liturgici, preghiere collettive, processioni – ravvivando in tal modo la fede, l'identità e la coesione sociale soprattutto dei ceti più popolari.[5] Riformò la diocesi, nella quale la disciplina ecclesiastica era «del tutto persa», perché da quasi un secolo gli arcivescovi titolari, risiedendo altrove, l'avevano abbandonata a sé stessa limitandosi a goderne le rendite.
Carlo affrontò «contrasti tanto grandi [...] et da persone tanto potenti che havriano impaurito ogni grand'animo». Nell'attuare i decreti tridentini il Borromeo si espose infatti alla reazione di coloro che vedevano lesi i propri privilegi: fu contrastato dai governatori spagnoli e dal Senato milanese, minacciato con i bastoni dai frati minori osservanti, aggredito con le spade dai canonici di Santa Maria della Scala, minacciato dalle monache di Sant'Agostino, vilipeso da quelle di Lecco e colpito con una archibugiata alla schiena da un sicario dell'ordine degli Umiliati.