Scaligeri | |
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Nec descendere nec morari Di rosso, alla scala d'argento in palo. | |
Stato | Verona, Vicenza e parte della Lombardia |
Titoli | Signori di Verona |
Fondatore | Jacopino della Scala |
Ultimo sovrano | Antonio della Scala |
Data di fondazione | 1262 |
Data di estinzione | 1580 |
Data di deposizione | 1387 |
Etnia | Italiana |
Rami cadetti | |
I Della Scala o Scaligeri furono una dinastia che governò sulla città di Verona per centoventicinque[1] anni, dal 1262 al 1387.
Il primo di cui si hanno notizie certe è Arduino della Scala "possidente di riguardo e mercante di panni" che si dichiara di origine "latina"[2][3][4][5] in un documento del 1180. Da Arduino, vennero un Leonardino, un Balduino. Dal figlio di quest'ultimo nacque Giacomino (o Jacopino), mercante di lane, considerato il capostipite dei successivi Signori di Verona.
Suo figlio Mastino non era particolarmente ricco, né aveva titoli nobiliari, ma era abile in politica, autorevole e capace, e soprattutto incline alla pace, aspetto fondamentale per i veronesi, che uscivano da una breve ma sanguinaria parentesi di dominio di Ezzelino III da Romano e ricoprì ruoli sempre più importanti all'interno della Domus Mercatorum fino a diventarne il podestà dal 1261 al 1269. Nel cuore di Mastino non vi fu un piano di conquista di Verona (se mai vi fu) a breve scadenza, ma procedette per gradi e per ciò fece conto del Consiglio Maggiore e dell'abile fratello Alberto. Egli comprese che la riuscita del suo piano era condizionata dall'appoggio del clero e dei mercanti, poiché i mercanti producevano grande ricchezza e avevano grande forza nel consiglio Maggiore, mentre l'alto clero disponeva di molto denaro.
Fu con Mastino che la città veneta passò in forma non traumatica da Comune a Signoria, anche se l'effettivo passaggio avvenne solo con il fratello Alberto. Con Cangrande invece la Signoria raggiunse l'apice della sua importanza e fama. Ai tempi di Cangrande della Scala, a causa del nome di questo esponente della famiglia, nacque la leggenda che i Della Scala fossero imparentati con qualche khan àvaro che avrebbe partecipato alla conquista longobarda d'Italia. Si tratta però solo del tentativo, spesso usato da famiglie di estrazione comune, di nobilitare, una volta giunte al potere, le proprie origini sulla base di assonanze di nomi o titoli.
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