Un essere senziente (ovvero, in senso più ampio, un'entità senziente) è, in accordo con la definizione utilizzata da molti filosofi moderni,[3] un essere dotato della capacità di sensazione.[4][5]
L'espressione è ampiamente usata tanto in filosofia quanto nel diritto e nella bioetica.
Nella giurisprudenza la definizione di essere senziente presuppone una serie di tutele e di prerogative: il Trattato di Lisbona, ad esempio, così definisce gli animali. Ciò non significa tuttavia che attraverso tale definizione ne sancisca i diritti.[6][7] Infatti, l'Articolo 13 del Trattato chiede che nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell'Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.
«it is indisputable that all vertebrates, including fish and reptiles do possess the neurological substrates of consciousness, and that there is further very strong evidence to support that invertebrates, including but not limited to decapod crustaceans, cephalopod mollusks, and insects, also do»
^P.Singer, Practical Ethics, Cambridge University Press, Cambrifge 1979 (tr.it. Etica Pratica, Liguori, Napoli 1989).
^D. Nazzaro, L'animale "essere senziente" quale oggetto di tutela, in Il nuovo diritto, 2004, II, 117; e D. Nazzaro, Nota a Cassazione sez. III pen. 3 dicembre 2003, n. 46291.