Benché autore di una produzione letteraria piuttosto cospicua, tra trattati e testi saggistici d'argomento vario (nell'ampia gamma dei suoi interessi si occupò perfino di matematica) e di opere letterarie sia in prosa sia in versi, viene a tutt'oggi ricordato principalmente come avventuriero e, per la sua vita amorosa a dir poco movimentata, come colui che fece del proprio nome l'antonomasia ("essere un casanova") del raffinato seduttore e libertino.
A questa sua fama di grande conquistatore di donne contribuì verosimilmente la sua opera più importante e celebre: Histoire de ma vie (Storia della mia vita), in cui l'autore descrive, con la massima franchezza, le sue avventure, i suoi viaggi e, soprattutto, i suoi innumerevoli incontri galanti. L'Histoire è scritta in francese: tale scelta linguistica fu dettata principalmente da motivi di diffusione dell'opera, in quanto all'epoca il francese era la lingua più conosciuta e parlata dalle élite d'Europa.
Fra corti e salotti, Casanova si ritrovò a vivere, quasi senza rendersene conto, un momento di svolta epocale della storia, non comprendendo affatto lo spirito di forte rinnovamento che l'avrebbe fatta virare in direzioni mai percorse prima; rimase infatti ancorato fino alla fine dei propri giorni ai valori, precetti e credenze dell'ancien régime e della sua classe dominante, l'aristocrazia, dalla quale era stato escluso per nascita e della quale cercò disperatamente di far parte, anche quando essa era ormai irrimediabilmente avviata al crepuscolo[E 1].
^Riguardo alla paternità del quadro in questione, la precedente attribuzione a Mengs (risalente a Johann Joachim Winckelmann) è stata praticamente abbandonata dalla critica e, allo stato delle ricerche, il quadro è probabilmente attribuibile a Francesco Narici (1719-1783), pittore di origine genovese attivo a Napoli. La tela fu scoperta nel 1952 a Milano da un restauratore di Bologna: Armando Preziosi, il quale sosteneva di aver trovato tra la cornice, sicuramente coeva, e il quadro, un biglietto manoscritto che recava le parole Jean-Jacques Casanova 1767. Il fatto che il soggetto rappresentato possa effettivamente essere Giacomo Casanova, si basa su una serie di dati che sono: l'osservazione delle fattezze, soprattutto il naso; il fatto che essendo il quadro a grandezza naturale consenta di ipotizzare trattarsi di un uomo della stessa statura di Casanova che è nota; il fatto che i tratti assomiglino in maniera sorprendente all'altro quadro, di mano del fratello Francesco, di sicura attribuzione, sia per l'autore che per il soggetto. Inoltre l'insieme del ritratto: l'amorino, i libri, fanno pensare a una simbologia molto affine al personaggio di Casanova che, pur nello stile di vita brillante e mondano, teneva sempre a porsi come un letterato. Il quadro passò, nel 1993, da Preziosi alla collezione privata del casanovista Giuseppe Bignami di Genova. Per documentarsi sull'argomento si veda: Giuseppe Bignami, Aggiornamenti e proposte sull'iconografia casanoviana, in L'intermédiaire des casanovistes vol. XI, 1994, pagg. 17-23. Il mondo di Giacomo Casanova.... (catalogo della mostra a Ca' Rezzonico, 1998, cit. in bibl.). Giuseppe Bignami, Casanova tra Genova e Venezia, La Casana, nº 3 luglio-settembre 2008, pag. 25-37. Una summa dell'iconografia casanoviana, che si compone di nove opere di cui soltanto due di sicura attribuzione, è consultabile in Casanova, la passion de la liberté, catalogo della mostra organizzata dalla BNF, 2011, Parigi, Coédition Bibliothèque nationale de France / Seuil, pag.68-71
^(FR) Giacomo Casanova, Histoire de ma vie, Wiesbaden-Paris, F. A. Brockhaus-Librairie Plon, 1960-62.
^(FR) Giacomo Casanova, Examen des "Etudes de la Nature" et de "Paul et Virginie" de Bernardin de Saint Pierre, 1788-1789, p. 127.
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