Giorgio Barbarella, o Giorgio da Castelfranco, noto ai suoi contemporanei come Zorzo o Zorzi da Castelfranco e poi passato alla storia come Giorgione[1] (Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 17 settembre 1510), è stato un pittore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia, importante esponente della scuola veneta.[2]
Nonostante la grande popolarità dell'artista in vita, la sua è una delle figure più enigmatiche della storia della pittura[3]. Non ha firmato alcuna opera e la ricostruzione del suo catalogo, nonché la determinazione dei significati iconografici di molte sue opere, è oggetto di numerosi dibattiti e controversie tra gli studiosi[3]. Fu attivo sulla scena pittorica veneziana per poco più di dieci anni, segnandola con un'apparizione repentina ma sfolgorante, che nella storiografia artistica ha poi assunto proporzioni leggendarie[3]. Anche restringendo al massimo il suo catalogo e volendo ridimensionare i commenti iperbolici che seguirono la sua morte, la sua attività segnò sicuramente una svolta epocale nella pittura veneta, imprimendo una decisiva svolta verso la "Maniera Moderna"[3].
Il soprannome "Giorgione" era legato probabilmente alla sua altezza[3] e alla sua stazza, che si dice fosse paragonabile a quella di un orso, figura che, a volte, si ritrova persino nelle sue opere. Rimase sempre un artista sfuggente, inafferrabile e misterioso, tanto che a Gabriele D'Annunzio appariva «piuttosto come un mito che come un uomo».