La glossa, nel mondo antico, era l'interpretazione di parole oscure (perché ermetiche o cadute in disuso) attraverso altre più comprensibili, ossia attraverso il linguaggio corrente.
Aristotele nel ventunesimo capitolo della Poetica descrive la glossa come un tipo di nome, distinto da quello comune, usato da un gruppo di parlanti differente rispetto a quello di riferimento e quindi desueto per questi ultimi. In seguito, a cominciare dal XII secolo d.C., la glossa ha incominciato ad indicare un commento ad un testo giuridico e glossatore era lo studioso che la elaborava.
In linguistica e filologia, invece, le glosse sono dei termini isolati che compaiono nei testi antichi affiancati da una spiegazione del loro significato, sia ad opera degli stessi autori di tali testi, sia per mano di autori e commentatori successivi (glossatori). Per molte lingue antiche estinte, tutto ciò che se ne conosce consiste nelle glosse tramandate da qualche autore. Alcuni di essi, come Esichio di Alessandria raccolsero le loro glosse in un'opera complessiva ("glossario", antenato dei moderni dizionari).